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Le mie pubblicazioni sui quotidiani
Il Sommo Poeta e il Profeta simili nel loro matrimonio
Certo che i due nominati non possono essere messi a confronto per la loro diversa esistenza, uno poeta e l'altro profeta, cose molto differenti, ma voglio fare un accenno a quell'argomento che molti detrattori dell'Islam usano per screditare il Profeta Muhammad, in riguardo al matrimonio con Aisha, immaginandolo simile, anche se forzatamente a quello di Dante che, in questo 2021, ha vissuto una seconda vita e, tutti gli italiani e non solo, ne conoscono virtù e opere.
È constatato che ogni azione compiuta da tutti gli esseri umani, deve essere valutata in base al periodo e alle usanze del luogo in cui si è vissuto. Il Profeta fece l'atto giuridico del suo matrimonio con Aisha quando ella aveva 9 anni e lui meno di 50 intorno alla prima metà del secolo V.
Innanzi tutto il matrimonio musulmano è un atto tra le parti, quindi un contratto fatto spesso tra le famiglie dei coniugi, dove si stipula il dare e l'avere, i diritti e i doveri della coppia l'uno verso l'altro. Tale atto è spesso contrattato tra le parti che sono rappresentate dalle famiglie a spesso molto tempo prima dell'atto stesso. Tempo che può variare da una settimana a più di 10 anni.
Il matrimonio tra Aisha e il Profeta, secondo le usanze del tempo, fu stipulato tra lo stesso e il padre di Aisha, Abu Bakr, suo grande amico e successore al comando dell'impero musulmano.
L'atto di per se, essendo giuridico, non significa che è seguito dall'atto fisico che ne attesta l'effettiva validità dello stesso. Com'è successo tra i due in questione. Anche perché se ciò non fosse accaduto, perché alla morte del Profeta, Aisha, ne ha decantato le glorie e la vita, mettendo in risalto la sua cortesia e buon comportamento con essa stesa e verso le altre mogli?
Un qualsiasi essere umano maltrattato e costretto a compiere cose a suo malgrado e controvoglia, non certo per decenni dopo continuerebbe a parlarne in maniera fiera e orgogliosa.
Questo sistema è stato in vigore in Europa e specialmente in Italia fino a qualche ventennio fa; lo sanno questi detrattori, che molto spesso non conoscono la storia del proprio paese, di tale usanza? E perché si permettono di giudicare gli altri non conoscendo la propria storia?
Vorrei ascoltare questi personaggi se io menzionerei un italiano illustre, che ha fatto la stessa identica cosa del Profeta Muhammad, perché, come ho appena citato, era uso fare questo anche al suo tempo. Stiamo parlando di Firenze, al tempo della Repubblica, nel XI secolo, tempo della vita di Dante Alighieri.
Anch'egli subì il contratto giuridico del matrimonio fatto dalla sua famiglia con quello della moglie, Gemma Donati, che aveva solo 11 anni. E Dante notò la graziosità e l'educazione di Gemma già quando ella era piccola.
Così la famiglie, quando entrambi erano minori, fecero il contratto di matrimonio che li legò insieme e si attese che i due ebbero raggiunto la maturità per avere la certezza del contratto matrimoniale.
Si è certi dell'età di entrambi perché il matrimonio di Dante con Gemma avvenne il 9 Febbraio 1276 nell'era di Firenze e 1277 nell'era Gregoriana.
Questo era il sistema che si usava al tempo, che si è usato 600 anni prima di Dante al tempo del profeta Muhammad e anche fino a poco tempo ai tempi moderni.
Ora accusare Dante dell'infamante ingiuria che è spesso usata sul Profeta credo che a nessun gli venga in mente e perché allora, dimostrare l'ignoranza nei soliti interventi "rissa" nei vari talk abbastanza stupidi, che la TV ci propone di continuo? Intenzione di seminare odio?
O veramente questi politici, intellettuali o giornalisti non conoscono la storia e la cultura d'Italia?
Art. pubbl. per il DailyMuslim sul Milite Ignoto per i 100 anni
Cento anni del "Milite Ignoto"
Ieri ricorreva, in Italia, il primo centenario del "Milite Ignoto".
Molti probabilmente non conoscono cosa significano quelle due parole per il nostro Paese, non solo cittadini che non sono nati in Italia, ma anche molti italiani, specialmente le nuove generazioni.
Le parole Milite Ignoto derivano dal latino Ignoto Militi che significano "il Soldato Sconosciuto" e si riferiscono a tutti gli uomini in divisa morti in battaglia e mai riconosciuti con il loro nome e cognome.
L'idea in Italia di creare una tomba che ricordasse tutti i soldati morti in guerra e mai più riportati nelle loro famiglie, fu del colonnello Giulio Douhet, verso la fine della Grande Guerra, con l'intenzione di seppellirlo al Pantheon.
Successivamente, l'idea venne proposta al Parlamento italiano nel Giugno del 1921 con Presidente del Consiglio Giolitti, poi passata in legge il 5 e l'11 Agosto dello stesso anno; ma non fu più il Pantheon il luogo di sepoltura, perché esso era destinato ad artisti e ai Re d'Italia. Venne scelto l'Altare della Patria, dove erano presenti le insegne della vittoria della Prima Guerra e vi era la statua della dea Roma.
Si decise sempre nelle stesse sedute nei parlamenti, di tumulare la salma il 4 Novembre, anniversario della vittoria. Per scegliere la salma che rappresentasse il soldato, fu indetta una ricerca delle salme su 11 campi di battaglia: Rovereto, Massiccio del Pasubio, Monte Ortigara, Monte Grappa, Conegliano, Cotellazzo- Caposile, Cortina d'Ampezzo, Monte Rombon, Monte San Marco, Castagnevizza, MonteErmada. Le salme furano scelte quasi tutte da fosse trovate sotto croci o elmetti che indicavano una sepoltura senza nome e segni di riconoscimento.
Le salme furono poste in 11 bare di semplice legno grezzo e senza nessun riconoscimento, furono portate nella Basilica di Aquileia, Udine. Alla presenza di tutti gli ordini militari e delle alte cariche il 28 Ottobre una madre di un soldato deceduto in guerra e mai ritrovato, la signora Maria Bergamas, scelse la bara che sarebbe stata portata a Roma per rappresentare il Milite Ignoto.
Durante la cerimonia e la scelta della signora, la commozione fu talmente grande che non si udì un sibilo, non un respiro e per giorni le persone non proferiron parola. La salma scelta, fu portata a spalla nel silenzio più assoluto, rotto solo dai comandi degli ufficiali che stentavano e si sforzavano per far uscire dalle loro bocche il fiato per i comandi di rito, sino ad un treno che sarebbe partito per direzione Roma.
La stazione di Udine e tutte la stazioni, compresi i tratti ferrati fino a Roma furono pieni di italiani che con fiori, bandiere, preghiere, saluti di rispetto, resero omaggio alla salma che compiva il suo ultimo viaggio per il luogo dove avrebbe riposato in eterno. Il treno impiegò ben cinque giorni, dal 29 Ottobre al 2 Novembre, per giungere a Roma. Viaggiava a una velocità lenta proprio per permettere a tutti gli italiani, veri italiani, di salutare chi il padre, chi il fratello, chi il figlio, un parente un amico, lo sposo partito e mai più tornato.
Anche all'arrivo a Roma, la stazione Termini non era differente dal tragitto compiuto dal treno. Uomini che conoscevano l'onore e la virtù, italiani fieri di esserlo erano tutti a dare l'estremo saluto alla Milite Ignoto.
Il giorno della sepoltura, come stabilito, fu il 4 Novembre. Nella piazza antistante vi erano le rappresentanze di tutte le armi e della società civile italiana. Con tutti gli onori venne seppellito il corpo senza nome sotto la statua della dea Roma con una scritta in latino, una perenne corona di fiori e due guardie militari a turno di tutte le armi italiane che ne ricordassero il valore, il sacrificio e l'onore di tutti quegli uomini partiti in battaglia e mai più tornati: Ignoto Militi.
Doveroso ricordarlo e far conoscere il perché del Milite Ignoto, non solo a noi italiani, che oggi dovremmo rispettare ancor di più, perché grazie a quegli uomini abbiamo questo futuro, futuro che è mancato proprio a loro che hanno lottato per averlo migliore e soprattutto farlo conoscere a tanti nuovi italiani, a tanti che vogliono essere italiani e vivere nel nostro paese, per fargli comprendere il sacrificio fatto da milioni di uomini morti e molti senza poter far ritorno a casa, per dare un Paese come quello che si ritrovano oggi, scelto nel bene o nel male emigrando dalla loro casa lontana e sempre presente nel cuore.
Negli States il sentimento pro-Palestina è in crescita
Non si chiama Costantinopoli, ma Istanbul
Nonostante siano passati 568 anni, ancora continuano a chiamare Istanbul col suo vecchio nome ormai desueto e irreale. La città è musulmana ed ha avuto un continuo splendore, cui solo Roma può eguagliare. Dovete farvene una ragione.
Si chiama Istanbul, ed è stata capitale dell'impero Ottomano. Una grande realtà che ha fatto la storia non solo geografica, ma anche politica, storica e scientifica del mondo intero.
Non elenco la storia, chi è realmente interessato alla conoscenza può cercare, il resto dei leggenti può anche fermarsi qui.
Continuano a chiamarla Costantinopoli come se volessero esorcizzarla e farla tornare a vivere, come se avessero il potere di cambiare la storia perché non è andata come avrebbero voluto. Accettare che un musulmano possa averla vinta su un altro, per molti di questi giornalai, è come oltrepassare un limite da cui non si torna indietro e che non doveva essere oltrepassato.
Invece, il limite, che costoro vorrebbero porre, è stato superato ben secoli addietro e le loro sguainate parole di restaurazione cadono nell'oblio.
Ogni volta che si nomina l'Islam, o qualcosa che ha che fare con l'Islam in Turchia e specialmente a Istanbul si tirano fuori argomenti, fatti e storia ormai passata, andata, desueta, morta.
E' successo con l'ascesa al potere di Erdogan, presidente factotum della Turchia e, per sfortuna loro, musulmano. Vero è che sfrutta la religione a volte per consolidare il potere, ma ditemi voi, cari giornalai, qui siamo messi meglio?
C'è gente che cammina con i rosari in mano, li bacia parla di religione e non comprende assolutamente nulla del messaggio di Cristo. Volesse intendere, non sparlerebbe a casaccio d'immigrazione. O alcune signore che dicono di essere italiane, donne e cristiane.
Cattoliche, forse dovrebbe dire, visto che il suo credo è cattolico, ma può capirne la differenza avendo sulle spalle un divorzio, con figli avuti da relazioni fuori il sacramento del matrimonio?
Prima di guardare la pagliuzza nell'occhio altrui, cercate di togliervi la trave che avete non in uno ma in entrambi gli occhi forse, gli argomenti che vorreste trattare potrebbero prendere un altro senso.
E non parliamo di cosa è successo quando il turco ha deciso di riaprire Haja Sophia. Neanche fossero gli inquisitori spagnoli che bruciavano libri di conoscenza a favore dell'ignoranza e della sottomissione all'avido e ipocrita potere dell'uomo travestito da monaco. Blasfemia, rogo!
In Italia articoli su articoli, trasmissioni, documentari, dicendo e affermando che a Costantinopoli, quella era una basilica. Era, appunto. A Costantinopoli che adesso non esiste più. Pensate voi giornalai, cosa era il Pantheon prima che arrivasse il potere temporale della chiesa. Lo sapevate?
E ancora in questi ultimi giorni, in maniera meno esagerata ma sempre spinta in questa direzione, quando hanno saputo, i nostri giornalai, che in piazza Taksim, Erdogan ha voluto con forza aprire una masjid.
Apriti cielo di nuovo, tutti a esaltare la piazza come il monumento alla laicità dello stato repubblicano turco adesso inquinato dalla religione del dittatore restauratore dell'impero ottomano. Ma avete mai saputo dove fosse prima di 10 giorni fa? Me lo chiedo.
I giornalai nostrani conoscono così bene la storia della Turchia dimenticandosi di quella italiana? Né l'una né l'altra. Della storia turca non conoscono assolutamente nulla. Si sono spiegati perché Ataturk salì al potere e chi lo "infilò" a Istanbul? E il desiderio della popolazione turca a voler vivere la propria religione, non lo mettete in conto?
Dimenticano però, la storia italiana che ci mostra come la chiesa ha "requisito" templi dediti al culto pagano per il cristianesimo e come uomini al potere, da Giolitti, passando per Mussolini e finendo a quelli di oggi, usano la religione per i loro effimeri scopi politici.
Non dovrebbero dimenticare ciò che accade a casa propria e parlare di altri, non è buona informazione. Come fidarsi di questi personaggi? Si può credere a chi travisa, corrompe la storia e l'informazione riesumando cadaveri morti nel lontano 29 maggio 1543?
Invito alla Conferenza sulla Pace di HWPL
Invitato alla conferenza annuale sulla Pace di HWPL che quest'anno si è tenuta online.
Social diventati oggetto di controllo delle masse
All'inizio tutti fummo presi dalla novità e ci iscrivemmo in massa non conoscendo bene dove questa azione ci avrebbe portato.
Si pensava fosse un mezzo di comunicazione libero dove tutti potevano esprimere la propria idea e il proprio pensiero. Si poteva conoscere gente da ogni parte del mondo e avere libero scambio di idee e pensieri.
Lo è stato per un po’ ma dopo qualche tempo, si è notato che, come succedeva nei bar o nelle piazze, le parole potevano esser pesanti e creare situazioni incresciose.
Questo ha portato a dei cambiamenti introdotti un poco alla volta in queste nuove piazze virtuali, con la conclusione che è negato il diritto di replica e quindi la libertà di pensiero e opinione. Perché è un privato che gestisce cosa sia giusto e cosa sbagliato e troppo spesso, il privato, è un'azienda che deve fatturare, quindi facilmente corruttibile e vendibile al miglior offerente, con il risultato minimo che le nostre informazioni sono utilizzate per scopi poco edificanti o che molti utenti possono essere pilotati inconsciamente verso un'opinione su un avvenimento che è accaduto e deve accadere.
Tutto questo inizia a non essere accettabile, perché se sei fuori dal pensiero dominante, sei automaticamente escluso e non hai diritto di replica. Il sistema è fatto per non poter richiedere il tuo diritto, anche se ci sono link, pagine e altre diavolerie, tutto è formulato in modo da scoraggiare a fare qualsiasi dimostranza. E se riesci a farla la notizia del tuo caso ti arriva dopo forse una settimana, quando tutto ormai ha perso ogni valore.
Non sono d’accordo su questo. Ognuno ha il diritto di dire ciò che pensa e ognuno ha il diritto di sbagliare e subirne le conseguenze. A proprie spese ma deve avere il diritto di replica anche se continua all'infinito.
Nelle piazze reali e nei bar, quando si discuteva o si era convinti della propria idea e si andava fino in fondo avendo la giusta conoscenza e la consapevolezza che questo poteva portare anche a 4 scazzottate, oppure te ne stavi zitto in disparte.
Questo ti faceva capire di che pasta eri e che non tutti potevano essere quelli che conoscevano e avevano gli argomenti per supportare e affrontare un discorso, oppure capivi se eri in grado di menare più degli altri o semplicemente non era argomento per te e quindi te ne stavi in silenzio. Perché nel mondo ognuno ha il suo posto e la sua linea da seguire, non tutti possono essere Ercole e Seneca al contempo.
Adesso invece tutti sanno di tutto. Ma non come i pettegolezzi delle viuzze dove c'era chi sapeva a parlava di tutti e chi ascoltava e sghignazzava. Almeno quelli erano dei ruoli ben definiti, oggi, tutti credono di essere storici, intellettuali, critici, politologi e nessuno sa neanche come si prende una zappa in mano.
L'effetto social,voluto e cercato da chi deve massificare e rendere tutti uguali e simili per controllare meglio e indirizzare dove si vuole: oggi a favore del rosso e domani a sostegno del nero, non importa cosa tu pensi, sei solo uno schiavo social che acconsenti che pochi possano indirizzarti e governarti con il tuo bene placido.