L’hijab, il velo usato dalle donne musulmane, che sarà sempre un motivo di discussione sia in occidente e sia in oriente.
Esso è visto in differenti modi da molti osservatori e la
maggior parte di questi, qualunque essi siano, cerca di imporre la propria
visione senza fermarsi un attimo a pensare cosa veramente rappresenti quel velo.
In alcune zone del mondo è stato bannato perché rappresenta,
dicono, l’estremismo, o perché non vogliono esporre nella società simboli
religiosi, o perché fa comodo creare il nemico per occultare le proprie
inefficienze, o semplicemente per partito preso; in altre zone del mondo è reso
obbligatorio dalle tradizioni beduine che poco centrano con la religione o dalle
visioni salafite e wahabite dell’Islam che hanno influenzato malamente il mondo
musulmano a suon di petroldollari oscurantisti.
Spesso nel parlare di velo si accenna al Corano ed alcuni
suoi versetti. Per farlo bisognerebbe essere un dottore nella legge islamica e
non è detto che l’opinione di uno sia quella dominante e definitiva. Della
questione teologica, io, non posso dare una efficace descrizione, in quanto non
ho le conoscenze tramandate come i professori o sapienti islamici, quindi non
darò spiegazioni teologiche, come spesso moltissimi in Italia fanno, ma alla
fine di queste considerazioni farò un accenno in maniera molto leggera sui versetti
del Corano che lo menzionano.
Se devo fare delle considerazioni uso l’esperienza avuta con
la comunità che mi ha portato a cercare di comprendere su quest’argomento trattando
con molte situazioni riguardanti le donne musulmane nel nostro Paese.
L’uso dell’hijab non è solo un identificazione religiosa, ma
principalmente è un segno di appartenenza ad una comunità, ad uno stile di vita
che è completamente diverso da quello che la società odierna vorrebbe imporre a
chiunque partecipi ad essa.
La donna che indossa il velo lo fa soprattutto per esserci,
per dire che è qui oggi, ed è presente. Non è sottomessa a nessuno anzi, la
maggior parte delle volte, lo fa contro il parere della famiglia che sa, per
esperienza matriarcale, quanto sia difficile interfacciarsi con questa società che
vuole imporre la propria visione non accettando diversità.
Esserci perché le nuove generazioni vogliono uscire da quell’anonimato che involontariamente le madri e le prime arrivate hanno cercato di mantenere, senza farsi notare o apparire, vuoi per educazione, vuoi anche per cultura dei propri paesi d’origine.
Le ragazze velate hanno voglia di esserci apparire, far
vedere che sono qui e anche loro fanno parte di questo mondo. Vogliono mostrare
il loro stile di vita, differente dal resto che le circonda e quindi si
differenziano da tutti consapevolmente indossando il velo.
Esso rappresenta la propria emancipazione cercata e voluta
scostandosi da ciò che la società chiede ad una donna. Nonostante le lotte
femministe del secolo scorso, vediamo le ragazze che seguono sempre lo stesso
stereotipo di donna sexy e affascinante che soddisfi solo ed esclusivamente
quell’idea che la società impone di donna: ovunque si posi lo sguardo c’è
sempre esposta una figura femminile che mostra il suo corpo.
La ragazza con il velo vuole essere lontana da questa idea stereotipata
della donna in mostra, ha intenzione di essere presente, indifferentemente se
lo stile piace o no alla società che la circonda. Vuole soddisfare le proprie
esigenze e i propri canoni di stile di vita modesta e incentrata sulle proprie
capacità.
Non interessa apparire secondo i canoni altrui, ma essere
presente, influenzare ed esistere mostrandosi per quello che è non curante di
coloro che la vorrebbero in un certo modo e lottando per farlo. “Non mi interessa
ciò che gli altri vogliono, ma io sono qui e ci rimarrò!” Quale messaggio più
femminista di questo?
Il velo rappresenta quel femminismo che ormai è andato perso,
quel femminismo che è riuscito a far emergere la donna nel suo essere tale, che
ripeto, oggi a parte le parole si è perso con i fatti.
Non è solo religiosità o estremismo come molti
superficialmente esprimono. Si fermassero a capire il fenomeno escludendo i “paletti”
che la religione gli pone, forse molte donne difenderebbero quell’idea di poter
scegliere ciò che vogliono senza che un ‘altra o altro dicono cosa sia giusto
per loro stesse.
È
semplicemente una mia osservazione scaturita dalla mia esperienza e non me ne
vogliate. Come non nego che molte ragazze lo fanno per religione e quello che
dovrebbe far pensare i detrattori è che, sono le donne stesse che accettano
volentieri senza nessuna remora o diceria tutte le altre ragazze musulmane che
hanno preso la decisione, rispettabile, di non indossare il velo.
Io spesso dico a chiunque mi chiede spiegazioni: “L’hijab
non va portato sui capelli, ma nel cuore”.
Questo potrebbe far capire cosa significa velo e cosa significa viere in
modo modesto, che non è privarsi come alcuni vorrebbero, in fin dei conti,
anche noi uomini dovremmo indossare un khyamr, un hijab che ci allontani dalle
tentazioni e ponga una barriera tra noi e il superfluo. Dovremmo anche noi
vivere in modo modesto e non solo le nostre donne.
Il Libro Sacro cosa afferma sul velo? Come ho detto all’inizio,
non voglio dare una spiegazione teologica, come la maggior parte purtroppo fa
in Italia, perché non ne ho le competenze, ma un accenno lo posso ben fare: “E
alle credenti, che esse abbassino i loro sguardi, preservino la loro castità,
mostrino dei loro ornamenti soltanto ciò che appare e calino un panno(khumur)
sul seno; e mostrino le loro grazie solo ai propri mariti, ai loro padri, ai
propri fratelli, ai figli dei propri fratelli, ai figli delle proprie sorelle,
alle loro donne, alle donne che le loro destre possiedono, ai domestici maschi
impotenti, ai bambini impuberi, che ignorano le parti nascoste delle donne.”
Surat AnNour vv 31, oppure: “O Profeta dì alle tue mogli, alle tue figlie e
alle donne dei credenti che facciano scendere il camice(jalabib) fino in basso;
questo sarà più acconcio perché vengano riconosciute e non vengano offese.”
Surat alAzhab vv 59
In altri versetti viene menzionato il termine velo(hijab) in
cui si parla di Maria che si nasconde mentre era in procinto di partorire, dagli
sguardi indiscreti, dietro un velo o altri riferimenti al Profeta e alle sue
mogli.
Troviamo il significato delle parole scritte nel Libro
Sacro. Si deve sapere che tutte le parole arabe derivano da una radice
tri-lettera, da qui si parte con tutti i significati e parole associati a
questa radice.
Il termine Khumar è il plurale di خمار
dalla radice خ م ر che
significa anche “nascondere”.
Il termine jalabib plurale di جلباب dalla radice ج
ل ب che significa anche “aveva portato”, usato soprattutto come
vestaglia lunga.
Il termine hijab الحجاب proviene da حجاب che significa “barriera” e quindi dalla radice
ح ج ب che significa “velare-coprire”.
Si conoscono ora i significati delle parole che
vengono usati da molti per identificare il velo. Ma conosciamo anche il modo in
cui le parole sono usate nei versetti del Corano.
Leggendo non si dà nessun “obbligo” di indossare
qualcosa, si dice di preservare la castità, di non mostrare i propri ornamenti
con abiti lunghi e di coprire i seni.
In altri versetti si usa il termine per dire di
nascondersi agli occhi dei curiosi, nel caso di Maria o agli occhi dei
compagni, nel caso delle mogli del Profeta. Viene usato anche il termine come
raffigurazione di varie situazioni che accadono nel Libro Sacro, come quando
vengono recitati i versetti al Profeta o quando si dice alle donne musulmane di
nascondersi dai miscredenti (i primi anni della rivelazione, i musulmani erano
perseguitati, quindi nascondersi per salvare la vita, o di nascondersi per
farsi riconoscere e non venire disturbate, nel periodo avanti della rivelazione),
creare una barriere tra loro e i non credenti.
L’interpretazione di quasi tutti gli studiosi ha
portato a dire di coprire anche i capelli e collo delle donne, ma
effettivamente nel Corano non si parla di capelli.
Questo non sta a significare che chi scrive non è
d’accordo con la consuetudine o con il velo, anzi, lo scrivente preferisce di
gran lunga l’hijab ma, non ne fa una prerogativa o discrimina sia comunitariamente
e sia religiosamente chi non lo indossa.