In questi anni di globalizzazione il desiderio di libertà ha
pervaso tutto il mondo. Abbiamo cercato di avere quello che non avevamo, anche
se non si era culturalmente pronti, per ricevere ciò che vedevamo fuori dalla
finestra della nostra casa, com'è accaduto qualche anno fa con i moti
rivoluzionari delle primavere arabe.
Milioni di persone sono state illuse, con la speranza della
protesta contro i propri governanti e sovvertendo l'ordine che era al potere,
avrebbero potuto vivere quella libertà che essi stessi vedevano trasmessa e
ostentata nei media del vicino occidente, propinata come l’unica via di uscita dallo
status di assoggettati ai propri dittatori.
Abbiamo visto molto da vicino come sono andati a finire
alcuni contesti come la Siria, la Libia, senza parlare dell'Egitto e della
Tunisia.
Il problema che spesso non si pone, è, la nazione per cui il
modello di principi che si tenta di "esportare", sia pronta a
riceverla; e soprattutto queste società arabo-musulmane, abituate alla
secolarizzazione del potere, non certo sono pronte a fare il salto alla
concezione che l'occidente ha di democrazia o pseudo libertà.
La tradizione secolarizzata in quei paesi, ha sempre cercato
di fare in modo che la società sia obbediente al suo governante, usando ogni
sistema possibile, come in tutto il mondo, con la differenza che nella civiltà
araba si è usata la religione a vantaggio dei vari regnanti succeduti, per meglio
assoggettare i propri sudditi.
Dagli Omayyadi in poi, i califfi hanno sempre inculcato al
suddito che obbedirgli era come farlo a Dio direttamente, o come suo volere, e
tramite questo principio si costringeva la società a essere succube e sopprimere
molte libertà che la stessa religione garantiva.
La secolarizzazione ha portato ad avere un concetto di
libertà molto diverso da quello filosofico occidentale, spesso visto in una sola direzione. Il
pensiero dominante tra i secolarizzatori tradizionalisti è che quella
dell'occidente, non è libertà ma oscurantismo e capitalismo contro i poveri e
gli oppressi, mentre quella del mondo musulmano, sempre secondo questi
tradizionalisti, è la migliore soluzione perché proveniente appunto dal re che
è predestinato da Dio.
Si trasforma tutto in un concetto monodirezionale: quando
accade che in Europa, in alcuni paesi si vieta la libertà di indossare il velo,
di fare il richiamo alla preghiera o si costringe a non fare le feste
musulmane, si esaspera la contestazione e si fa notare come non si rispetti la
libertà tanto osannata dallo stesso occidente, che costringe la donna a non
vestirsi come desidera, o che si neghi un diritto alienabile alla scelta della
religione.
Quando accade però, in un paese arabo,
si costringa la donna a non scegliere il proprio abito, si costringe un non
musulmano a comportarsi come un musulmano, quando si vieta la minima libertà di
scelta al fedele e al non fedele, quando il libero arbitrio, ordinato da Dio, è
solo una chimera, i denigratori di quella libertà occidentale, che vieta il
velo o l'adhan, sono in silenzio anzi, difendono a spada tratta questi obblighi
e questi dinieghi velandoli come ordini divini.
La libertà bisogna guadagnarla, rispettarla e insegnarla
prima nel proprio orticello, per poi poterla applicare. Semplice additare il
vicino scaricandoli addosso tutti i problemi irrisolti e accumulati nel tempo
da elite menefreghiste che hanno pensato più ad arricchirsi invece che al
proprio popolo tenendolo segregato, non certo dà il diritto di esprimere pareri
sulla vita che si compie a migliaia di chilometri da dove si vive, o ancor
peggio giudizi di persone che hanno lasciato il proprio paese nel caos e poi,
venire in occidente denigrando lo status vivendi dello stesso.
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