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Le mie pubblicazioni sui quotidiani

La dichiarazione di alleanza con i Cristiani del profeta Muhammad

    Tutto risale al 628, quando un gruppo di monaci, provenienti dal più antico monastero esistente, oggi patrimonio dell’UNESCO, situato in Egitto alle pendici del Sinai, si recarono dal Profeta Muhammad per chiedergli protezione.



Muhammad, accolse con favore i monaci provenienti dal monastero di Santa Caterina e giurò loro protezione.

Cosa rappresenta il monastero? Esso è il più antico al mondo e al suo interno vi è la più vasta collezione di manoscritti e icone antiche secondo solo al Vaticano e, da quel giorno che si recarono dal Profeta, i musulmani proteggono questo monastero da ogni avversità.

Nella dichiarazione che il Profeta lasciò ai monaci e di conseguenza nelle mani a dei musulmani intorno a lui a testimoni del fatto, Muhammad dichiarò che tutti i cristiani erano suoi alleati e ogni maltrattamento verso loro era considerato come una violazione del patto da lui stipulato verso Dio.

Il documento redatto dai compagni del Profeta sotto sua dettatura è un esempio di carta dei diritti umani, della proprietà, del lavoro, della sicurezza e della libertà religiosa. Non avrà le decine di articoli delle odierne carte, ma è un fulgido esempio di come l’Islam è stato in anticipo su molte cose che si sono raggiunte negli ultimi decenni in occidente e nell’epoca moderna che non guarda mai al passato.

Il Profeta, come si leggerà, non pone condizioni per questa protezione, oltre a quelle esistenti del Corano, essere cristiani è sufficiente per il suo diktat. Si noterà l’importanza dell’apertura e chiusura del documento, danno alla promessa una dimensione eterna e universale. Muhammad chiarisce che i musulmani sono con i cristiani, vicini o lontani, rendendo così impossibile che la promessa da lui fatta, per i monaci di Santa Caterina, venga a mancare, perché molto distanti, all’epoca, dal governo musulmano,

L’ultima frase dice chiaro “fino al Giorno del Giudizio”, ossia fine alla fine del Mondo, quindi, sta ordinando ai musulmani di obbedire a questa per sempre, minando, in futuro, qualsiasi tentativo di revocare questi diritti inalienabili e inviolabili da lui dettati.

Dichiarazione che emanata al tempo era avanti ad ogni trattato di pace mai emesso, era ed è stata la prima dichiarazione di pace, convivenza, interreligiosità e multiculturalismo che mai storia ebbe a vedere. Avanti anche ai tempi moderni dove le dichiarazioni dei diritti umani si sprecano ma mai nessuna è così nello specifico come questa emessa dal più grande degli uomini mai esistito. 


@raffaelloyvillani guarda: @Raffaello Villani (حجي) e guarda: @Raffaello Villani (حجي) #cristiani #cattolici #interreligioso #islam #profeta #muhammad #monastero #monaci #dirittiumani #musulmani ♬ suono originale - Raffaello Villani (حجي)



Questo è il documento tradotto in italiano:

“Questo è un messaggio di Muhammad ibn Abdullah, che costituisce un patto con coloro la cui religione è il cristianesimo; che noi siamo vicini o lontani, siamo con loro. Io, gli ausiliari (abitanti di Medina) e i miei seguaci vi difendiamo, perché i cristiani sono i miei cittadini. E per Dio, resisterò a tutto ciò che li turba. Nessun vincolo su di loro, in qualsiasi momento. I loro giudici non saranno rimossi dall'ufficio o i loro monaci espulsi dai loro monasteri.

Nessuno dovrebbe mai distruggere un edificio religioso che appartiene a loro o danneggiarlo o rubare qualcosa da esso e poi portarlo ai musulmani. Chiunque ruba qualcosa da esso viola il patto di Dio e disobbedisce al Suo Profeta. In verità, i cristiani sono miei alleati e hanno la certezza del mio sostegno contro tutto ciò che li turba. Nessuno dovrebbe costringerli a viaggiare o combattere contro la loro volontà. I musulmani devono combattere per loro, se necessario. Se una donna cristiana fosse sposata con un musulmano, quel matrimonio non dovrebbe aver luogo senza la sua approvazione. Una volta sposata, nessuno dovrebbe impedirle di andare in chiesa a pregare. Le loro chiese sono sotto la protezione dei musulmani. Nessuno dovrebbe impedire loro di ripararli o rinnovarli, e la santità del loro patto non dovrebbe essere violata in nessuna circostanza. Nessun musulmano dovrebbe violare questo patto fino al Giorno del Giudizio”.

Giornata della Memoria e dell’Accoglienza

Oggi 3 ottobre si celebra la Giornata della Memoria e dell’Accoglienza, instituita tre anni dopo il tragico naufragio del 3/10/2013 nel mare tra Lampedusa e Libia, dove persero la vita 368 persone e per fortuna, se ne salvarono 132.



Da quel giorno, ogni anno a Lampedusa si ritrovano i sopravvissuti, le istituzioni, i volontari e la gente comune per ricordare quei tragici accadimenti, con la speranza e l’augurio che nulla più accada.

La giornata ha ricevuto il plauso dell’UNHCR che è l’agenzia della Nazioni Unite che tratta di rifugiati, ricordando però che sino ad oggi sono circa 22.000 le persone che hanno perso la vita nel tentativo di cercare una speranza migliore.

Persone che vivono in situazioni pericolose e non dignitose, causate da eventi atmosferici, da crisi del clima e da violenze create dall’uomo, non solo tipo militare ma soprattutto causate dallo sfruttamento continuo delle materie prime da parte dell’occidente, che depreda la loro terra lasciando le popolazioni indigene senza nessun beneficio.

Persone che sono costrette per la povertà, cui contribuiamo noi con il nostro sfrenato senso dell’acquisto senza averne bisogno, a dover mettersi in mano alle mafie per intraprendere il viaggio della fortuna, dato che l’Europa ha inasprito i lascia passare alle stesse persone che sfrutta e gli “ruba” la materia prima per vivere.

È chiaro che sino a quando l’occidente sfrutta quei territori l’immigrazione di massa e clandestina non finirà mai.

Provate a pensare se vi togliessero i prodotti e la produzione della vostra terra e vi lasciassero solo le briciole, cosa fareste voi? Vi ricordo che in Italia, ancora adesso, la gente emigra per mancanza di una vita dignitosa. E negli anni delle migrazioni di massa, la gente si muoveva senza documenti, imbarcandosi sui transatlantici, vivendo la traversata come animali per poi arrivare negli USA ed essere catalogati, segnalati, rinchiusi in edifici costruiti apposta e controllati giornalmente dalla polizia, perché noi eravamo quelli sporchi, brutti, ignoranti che cercavano una vita migliore.

Non solo negli USA, ma anche in Germania, Belgio o Svizzera, gli italiani venivano trattati come animali da macello. Lo avete dimenticato? Una volta passato il confine venivano controllati da medici, messi in fila, nudi come fossero bestie pronte per il macello, presi e trasferiti in baracca dove vivevano come prigionieri dei campi di concentramento e facevano i lavori più umili che gli indigeni del posto non avevano più voglia di fare.

Ve lo ricordate? Lo sapevate? Andate ad ascoltare i racconti dei nonni o leggete, leggete.

Quello che accade ai migranti oggi, è quello che accadeva lustri addietro a noi italiani. Come abbiano avuto noi la possibilità di cambiare la nostra vita in meglio, così hanno il diritto di averla tutte quelle persone sfruttate dalle nostre stesse voglie del consumismo.

Tra l’altro in Italia, come nel resto d’Europa, si ha bisogno di nuova forza lavoro. Non solo perché nessun italiano vuole più fare quei lavori umili, ma anche perché, egoisticamente parlando, chi ci pagherà la nostra vecchiaia se le nuove coppie che si formano a stento fanno nascere un figlio?

Sono domande che i razzisti quali vogliono imporre il blocco navale, che vogliono creare hot-spot in altri paesi, che vogliono far tornare a casa tutti gli immigrati, non sono in grado di recepire e rispondere.

Innanzi tutto, non è possibile fare un blocco navale, troppe risorse sia logistiche e sia umane, si andrebbe incontro a dover bloccare tutti i natanti che navigano il Mediterraneo. Immaginate quante navi lo solcano? Immaginate che non tutte le navi siano lecite. Lo permetterebbero le multinazionali? Non parliamo se su questi natanti poi, vi sia il commercio delle mafie!

Come è impossibile dire ad un'altra nazione di creare dei punti di controllo con funzionari e militari italiani che gestiscono il flusso di persone su territorio non italiano. L’Italia accetterebbe che la Germania o l’Australia o la Cina porrebbe un sito con propri militari a controllare persone? Non credo.

Per non parlare della ormai famosa frase usata da tutti i razzisti italiani: “rimandiamoli a casa loro”. Certo, dico solo: avete visto quanti ne ha mandati indietro un ex ministro degli Interni che di questo tormentone fece più di una campagna elettorale?

Non scherziamo, cerchiamo di essere umani e rispettare ogni persona bisognosa, anche perché oltre la mia religione, anche per i cattolici vale l’accoglienza, anzi tutti i cristiani, hanno l’obbligo di accogliere l’altro. Il Vangelo, per chi non lo sapesse, è pieno di questi riferimenti. Il Cristo dei Vangeli apriva le porte a tutti, e non come oggi, vedi Polonia e Ungheria, che si dipingono da nazioni cattoliche e poi sono peggio di quelli che bruciavano le streghe e usavano i campi di concentramento per sterminare altri.

Non siate ipocriti.

Per noi musulmani, giusto ricordarlo a chi lo sa e a chi se ne fosse dimenticato, non esisterebbe l’immigrato come persona diversa dal residente. Il Profeta Muhammad fu un immigrato e lo fece per salvarsi la vita, non dimenticatelo. Per il musulmano non esiste il razzismo, non esiste uno migliore degli altri: non vi è un arabo che sia migliore di un altro e non vi è un altro che non sia migliore di un arabo se non solo nell’adorazione verso Dio. Basta questo hadith del profeta Muhammad a far capire quanto sia errato che un musulmano possa solo pensare di sentirsi migliore di altri.

Questa giornata è di memoria per non far si che tutto si ripeta.

Questa giornata è di accoglienza per far si che non succeda di nuovo.

Ed ogni anno dovremmo essere sempre più a rimembrare tutto questo, sempre più a far si che ciò non accada intervenendo nei nostri paesi, nelle nostre abitudini e cercando di sensibilizzare noi consumatori, i produttori e gli sfruttatori di quello che la natura e Dio ha dato a quelle terre. Di riconoscere a quelle popolazioni la ricchezza adeguata e dare la possibilità a loro di produrre e svilupparsi, anche se questo, significa togliere ricchezza alle nostre tasche.

Dal web ho trovato che chiunque voglia conoscere cosa accade e come si svolgeranno le giornate di questo evento, basta cercare “Comitato 3 Ottobre”.


Il musulmano non tifa né Russia e né NATO

 I musulmani, quelli che cedono, non tifano né Russia e né NATO. I musulmani che si alzano prima dell’alba(fajr) e digiunano non parteggiano né per l’Ucraina e né per Putin.

Il musulmano che rispetta il Corano non sventola bandiere altrui, ha già la sua da portare alta e sempre davanti ai suoi occhi. Il musulmano che rispetta la legge di Dio non ama la guerra se non solo per difendersi. Il musulmano che cerca di ottemperare alle parole del Profeta Muhammad, Dio lo abbia in gloria, non ha il tempo per perdersi dietro alle diatribe di chi usa il popolo per i propri interessi meschini.

I musulmani degni di questo nome rispettano i propri vicini, rispettano chi ha un credo diverso e le leggi dei paesi in cui vivono, ma non prendono le difese di chi denigra l’Islam, di chi offende la memoria di tutti profeti, di chi vuole distruggere la comunità musulmana con leggi, divieti, negazioni, privazioni e omicidi.

Il musulmano non tifa per nessuno, non si lascia trascinare in interessi che non siano quelli della propria comunità che lo rispetta e lo accoglie.



Né Russia e né Ucraina. Né Putin né Nato. Entrambi gli schieramenti hanno denigrato l’Islam e tutti gli uomini e le donne che credono in questa religione. Perché dovremmo seguire Putin o Biden? Entrambi hanno distrutto la Siria, l’Iraq, lo Yemen, l’Afghanistan, la Libia e la Palestina.

Sia la NATO e sia i governi dell’ex Patto di Varsavia, hanno osteggiato l’Islam e i musulmani per secoli anche in Europa e, lo fanno tutt’ora, respingendo profughi che provengono dai paesi musulmani, trattandoli come esseri senza diritti. Perché la Polonia ha lasciato morire una madre nella neve senza aiutarla? Perché l’Europa non si è mossa per salvare afghani e iraqeni provenienti dalla guerra voluta dalla NATO? I bambini siriani cosa hanno di diverso da quelli ucraini?

Non nominiamo Gerusalemme, non nominiamo la Palestina, che l’Europa, gli Stati Uniti e l’occidente intero stanno distruggendo, stanno sterminando senza alzare un dito per aiutare una popolazione allo strenuo. Anzi, aiuta e copre le malefatte di Israele che dal 1948 sta perpetuando una strage, un regime di apartheid con il fine di impossessarsi di tutta la Palestina.

Perché io musulmano dovrei parteggiare per l’Ucraina o per la Russia, se voi ammazzate la mia gente senza batter ciglio?

Perché dovrei credere alle false notizie di uno o dell’altro che ogni giorno riempie televisioni e giornali di propaganda e continua a chiamarci terroristi ogni qualvolta si nomina l’Islam?

Ditemi perché dovrei cedere a questa o quell’altra propaganda e giudicare secondo un metro di giudizio invece di un altro? Chi è Biden o Putin da potermi dire cosa pensare? Cosa hanno fatto per la mia comunità? Chi è l’Europa e chi è la Russia o gli USA da dovermi schierare per una o per l’altra?

Questa guerra ha definitivamente smascherato l’occidente che sta usando parametri diversi nell’aiuto e nel soccorso. Un sistema di ordine e di governo in piena decadenza che non può essere usato come esempio per noi musulmani.



La guerra ha smascherato l'ipocrisia e i doppi standard che si stanno usando per salvaguardare le sue genti, quando nulla è interessato dei nostri fratelli e sorelle dall’altra parte del globo. Richiedono l’aiuto di tutto il mondo, ma quando una parte di esso lo ha richiesto in precedenza, tutti voi occidentali vi siete voltati dall’altra parte.

Adesso urlate di difendere i diritti e le libertà delle genti europee ucraine, ma anni fa vi voltaste dall’altra parte quando, in Europa stessa, migliaia di bosniaci venivano trucidati e non alzaste un dito per difenderci, anzi, aiutaste i genocidi nel loro sporco lavoro macchiandovi le mani di sangue innocente.

E se con la Bosnia vi siete distratti, dov’eravate quando a qualche km dall’Ucraina, l’assassino russo sterminò i ceceni? Non sono loro anche biondi e con gli occhi azzurri come gli ucraini? Stessa razza sì, ma religione diversa!

Dov’è il rispetto per i poveri? Dov’è l’assistenza per i malati? Dov’è l’aiuto per i bisognosi? Dov’è il soccorso per i lavoratori? Dov’è la suddivisione equa della ricchezza? Dov’è il rispetto per la natura? Dov’è la protezione verso le donne? Dov’è l’amore per chi sta peggio di noi? Dov’è la condivisione dei territori e della loro ricchezza?

Sono questi i valori che contano e che ogni musulmano credente e non ipocrita rispetta ed esige. In fondo, non sono gli stessi che Gesù, pace su di lui, vi ha donato e vi ha consigliato di rispettare e seguire? O avete dimenticato il vostro credo e cercate di accusare noi per i vostri errori?

Noi musulmani credenti aiutiamo chi ha bisogno, perché era nell’indole del Profeta Muhammad farlo e noi lo seguiamo come seguiamo tutti i profeti che lo hanno fatto prima di lui, ma non saremo partigiani di nessuno.

Non siamo neanche partigiani dei governi che ostentano l’Islam e trucidano altri musulmani o negano le libertà fondamentali ai propri cittadini.

Noi siamo musulmani e parteggiamo solo per la nostra comunità e per chi non sia ostile a essa. Ma non saremo mai contro da compiere un’azione violenta verso chi ci ostacola fino a che non è lui il primo a usare violenza su di noi.

La gioventù israeliana contesta gli insegnamenti propagandistici del loro paese

 È stato sorprendente trovare giovani israeliani sia in Israele e sia negli Stati Uniti, che stanno condividendo sui propri account, negli ultimi tempi, video in cui criticano la propaganda sionista e tutto quello che essa insegna sul conflitto israelo-palestiense.



Riporto alcune post condivisi sui profili social: “Sono cresciuta con l’idea che la Palestina era un paese inventato, un popolo inventato e non avrei mai dovuto usare quella parola”, ripetono su TikTok due utenti di Gerusalemme: Lexie e Lara.

“I due libri di cui possiedo più copie di qualsiasi altro sono propaganda, libri che parlano del mito di Israele e sono distribuiti gratuitamente a tutti gli israeliani da una mezza dozzina di organizzazioni ebraiche”. Ripetono gli utenti.

“Siamo cresciuti nei gruppi giovanili con l’obbligo di combattere i sentimenti anti-israeliani nei vari campus nel mondo e che i media riferiscono sui crimini falsi di Israele perché tutti odiano gli ebrei e Israele”. Messaggi di questo tipo riempiono le bacheche dei ragazzi che stanno iniziando a comprendere come la propaganda sionista abbia travisato la storia del passato.

Un altro utente afferma: “Cresci imparando che Israele è buono, non impari la parola Palestina fino alla tarda adolescenza e non è permessa nessuna discussione sulle ingiustizie compiute da Israele. Si impara solo su Israele e l'idf. Si impara che le cose divertenti, belle e culturali sono solo in Israele e da nessun altra parte del mondo che ci circonda”.

Il video continua: “Perché quando scopri dell’esistenza di tutte queste ingiustizie compiute in nome della tua religione che ami tanto, è come ricevere un fottuto pugno nello stomaco”.

Questi giovani stanno venendo alla ribalta in Israele e negli Stati Uniti. Oltre a quei pochi che si sono opposti realmente al servizio militare forzato che fa il lavaggio del cervello a tutti i giovani israeliani, costringendoli a sparare, uccidere e odiare per sempre arabi, palestinesi e musulmani, in modo che i sionisti possano per sempre alimentare la loro assurda ideologia di morte, questi ragazzi iniziano a mettere in discussione la propria élite governativa.

Anche personaggi più o meno in vista contribuiscono a questa nuova tentata rivoluzione culturale, come il comico ebreo Michael Schirtzer di Los Angeles, che delinea nelle sue battute come sia dannoso associare gli ebrei allo stato di Israele.

Mentre un insegnante israeliano, sempre sui social network, spiega come il termine Eretz Yisrael (la Terra Promessa), è un termine che ha ormai “migliaia di anni”, ed è usato nella Torah per descrivere la terra “indipendentemente da chi la governa” egli poi chiede: “La mia domanda per voi è: se credete nella Torah, e se credete che Hashem (Dio) sia un Dio di giustizia, perché state promulgando il colonialismo e l'apartheid?”

A conferma di questo nuovo risveglio, un sondaggio tra gli elettori ebrei statunitensi, condotto dopo l'ultima offensiva israeliana su Gaza, ha rilevato che un quarto degli intervistati concorda sul fatto che “Israele è uno stato di apartheid”, schierandosi sia con Human Rights Watch che con Amnesty International.



Forse sta arrivando il momento in cui i palestinesi e i sostenitori della Palestina, smettano di guardare sulle sponde del Giordano e guardino a questi giovani, che allaccino rapporti con loro, che inizino a parlare, riconoscendo entrambi i propri errori, spogliandosi degli steccati del passato e unirsi per arrivare a quel momento fatidico in cui un palestinese possa tornare a casa sua, nella terra dei suoi genitori e cenare nelle serate d’estate con i suoi vicini in nome dell’antico passato e di un futuro prossimo in simbiosi nella pace e nell’accordo di due popoli uniti in unica terra, che non abbia divisioni politiche anche se con una frontiera segnata solo su carta e non nel cuore delle persone.

È il mio augurio ed è il mio impegno personale per la Palestina e Israele, per dare uno schiaffo agli antisemiti e ai signori della divisione oggi al potere, ma solo con persone come queste sopra descritte, che riconoscano i propri errori del passato e accettino il futuro.

Considerazioni sull’hijab al giorno d’oggi

    Lhijab, il velo usato dalle donne musulmane, che sarà sempre un motivo di discussione sia in occidente e sia in oriente.

Esso è visto in differenti modi da molti osservatori e la maggior parte di questi, qualunque essi siano, cerca di imporre la propria visione senza fermarsi un attimo a pensare cosa veramente rappresenti quel velo.

In alcune zone del mondo è stato bannato perché rappresenta, dicono, l’estremismo, o perché non vogliono esporre nella società simboli religiosi, o perché fa comodo creare il nemico per occultare le proprie inefficienze, o semplicemente per partito preso; in altre zone del mondo è reso obbligatorio dalle tradizioni beduine che poco centrano con la religione o dalle visioni salafite e wahabite dell’Islam che hanno influenzato malamente il mondo musulmano a suon di petroldollari oscurantisti.



Spesso nel parlare di velo si accenna al Corano ed alcuni suoi versetti. Per farlo bisognerebbe essere un dottore nella legge islamica e non è detto che l’opinione di uno sia quella dominante e definitiva. Della questione teologica, io, non posso dare una efficace descrizione, in quanto non ho le conoscenze tramandate come i professori o sapienti islamici, quindi non darò spiegazioni teologiche, come spesso moltissimi in Italia fanno, ma alla fine di queste considerazioni farò un accenno in maniera molto leggera sui versetti del Corano che lo menzionano.

Se devo fare delle considerazioni uso l’esperienza avuta con la comunità che mi ha portato a cercare di comprendere su quest’argomento trattando con molte situazioni riguardanti le donne musulmane nel nostro Paese.

L’uso dell’hijab non è solo un identificazione religiosa, ma principalmente è un segno di appartenenza ad una comunità, ad uno stile di vita che è completamente diverso da quello che la società odierna vorrebbe imporre a chiunque partecipi ad essa.

La donna che indossa il velo lo fa soprattutto per esserci, per dire che è qui oggi, ed è presente. Non è sottomessa a nessuno anzi, la maggior parte delle volte, lo fa contro il parere della famiglia che sa, per esperienza matriarcale, quanto sia difficile interfacciarsi con questa società che vuole imporre la propria visione non accettando diversità.

Esserci perché le nuove generazioni vogliono uscire da quell’anonimato che involontariamente le madri e le prime arrivate hanno cercato di mantenere, senza farsi notare o apparire, vuoi per educazione, vuoi anche per cultura dei propri paesi d’origine.

Le ragazze velate hanno voglia di esserci apparire, far vedere che sono qui e anche loro fanno parte di questo mondo. Vogliono mostrare il loro stile di vita, differente dal resto che le circonda e quindi si differenziano da tutti consapevolmente indossando il velo.

Esso rappresenta la propria emancipazione cercata e voluta scostandosi da ciò che la società chiede ad una donna. Nonostante le lotte femministe del secolo scorso, vediamo le ragazze che seguono sempre lo stesso stereotipo di donna sexy e affascinante che soddisfi solo ed esclusivamente quell’idea che la società impone di donna: ovunque si posi lo sguardo c’è sempre esposta una figura femminile che mostra il suo corpo.

La ragazza con il velo vuole essere lontana da questa idea stereotipata della donna in mostra, ha intenzione di essere presente, indifferentemente se lo stile piace o no alla società che la circonda. Vuole soddisfare le proprie esigenze e i propri canoni di stile di vita modesta e incentrata sulle proprie capacità.

Non interessa apparire secondo i canoni altrui, ma essere presente, influenzare ed esistere mostrandosi per quello che è non curante di coloro che la vorrebbero in un certo modo e lottando per farlo. “Non mi interessa ciò che gli altri vogliono, ma io sono qui e ci rimarrò!” Quale messaggio più femminista di questo?

Il velo rappresenta quel femminismo che ormai è andato perso, quel femminismo che è riuscito a far emergere la donna nel suo essere tale, che ripeto, oggi a parte le parole si è perso con i fatti.

Non è solo religiosità o estremismo come molti superficialmente esprimono. Si fermassero a capire il fenomeno escludendo i “paletti” che la religione gli pone, forse molte donne difenderebbero quell’idea di poter scegliere ciò che vogliono senza che un ‘altra o altro dicono cosa sia giusto per loro stesse.

È semplicemente una mia osservazione scaturita dalla mia esperienza e non me ne vogliate. Come non nego che molte ragazze lo fanno per religione e quello che dovrebbe far pensare i detrattori è che, sono le donne stesse che accettano volentieri senza nessuna remora o diceria tutte le altre ragazze musulmane che hanno preso la decisione, rispettabile, di non indossare il velo.

Io spesso dico a chiunque mi chiede spiegazioni: “L’hijab non va portato sui capelli, ma nel cuore”.  Questo potrebbe far capire cosa significa velo e cosa significa viere in modo modesto, che non è privarsi come alcuni vorrebbero, in fin dei conti, anche noi uomini dovremmo indossare un khyamr, un hijab che ci allontani dalle tentazioni e ponga una barriera tra noi e il superfluo. Dovremmo anche noi vivere in modo modesto e non solo le nostre donne.

Il Libro Sacro cosa afferma sul velo? Come ho detto all’inizio, non voglio dare una spiegazione teologica, come la maggior parte purtroppo fa in Italia, perché non ne ho le competenze, ma un accenno lo posso ben fare: “E alle credenti, che esse abbassino i loro sguardi, preservino la loro castità, mostrino dei loro ornamenti soltanto ciò che appare e calino un panno(khumur) sul seno; e mostrino le loro grazie solo ai propri mariti, ai loro padri, ai propri fratelli, ai figli dei propri fratelli, ai figli delle proprie sorelle, alle loro donne, alle donne che le loro destre possiedono, ai domestici maschi impotenti, ai bambini impuberi, che ignorano le parti nascoste delle donne.” Surat AnNour vv 31, oppure: “O Profeta dì alle tue mogli, alle tue figlie e alle donne dei credenti che facciano scendere il camice(jalabib) fino in basso; questo sarà più acconcio perché vengano riconosciute e non vengano offese.” Surat alAzhab vv 59

In altri versetti viene menzionato il termine velo(hijab) in cui si parla di Maria che si nasconde mentre era in procinto di partorire, dagli sguardi indiscreti, dietro un velo o altri riferimenti al Profeta e alle sue mogli.

Troviamo il significato delle parole scritte nel Libro Sacro. Si deve sapere che tutte le parole arabe derivano da una radice tri-lettera, da qui si parte con tutti i significati e parole associati a questa radice.

Il termine Khumar è il plurale di خمار dalla radice خ م ر che significa anche “nascondere”.

Il termine jalabib plurale di جلباب dalla radice ج ل ب che significa anche “aveva portato”, usato soprattutto come vestaglia lunga.

Il termine hijab الحجاب proviene da حجاب che significa “barriera” e quindi dalla radice ح ج ب che significa “velare-coprire”.

Si conoscono ora i significati delle parole che vengono usati da molti per identificare il velo. Ma conosciamo anche il modo in cui le parole sono usate nei versetti del Corano.

Leggendo non si dà nessun “obbligo” di indossare qualcosa, si dice di preservare la castità, di non mostrare i propri ornamenti con abiti lunghi e di coprire i seni.

In altri versetti si usa il termine per dire di nascondersi agli occhi dei curiosi, nel caso di Maria o agli occhi dei compagni, nel caso delle mogli del Profeta. Viene usato anche il termine come raffigurazione di varie situazioni che accadono nel Libro Sacro, come quando vengono recitati i versetti al Profeta o quando si dice alle donne musulmane di nascondersi dai miscredenti (i primi anni della rivelazione, i musulmani erano perseguitati, quindi nascondersi per salvare la vita, o di nascondersi per farsi riconoscere e non venire disturbate, nel periodo avanti della rivelazione), creare una barriere tra loro e i non credenti.

L’interpretazione di quasi tutti gli studiosi ha portato a dire di coprire anche i capelli e collo delle donne, ma effettivamente nel Corano non si parla di capelli.

Questo non sta a significare che chi scrive non è d’accordo con la consuetudine o con il velo, anzi, lo scrivente preferisce di gran lunga l’hijab ma, non ne fa una prerogativa o discrimina sia comunitariamente e sia religiosamente chi non lo indossa.