È stato sorprendente trovare giovani israeliani sia in Israele e sia negli Stati Uniti, che stanno condividendo sui propri account, negli ultimi tempi, video in cui criticano la propaganda sionista e tutto quello che essa insegna sul conflitto israelo-palestiense.
Riporto alcune post condivisi sui profili social: “Sono
cresciuta con l’idea che la Palestina era un paese inventato, un popolo
inventato e non avrei mai dovuto usare quella parola”, ripetono su TikTok due
utenti di Gerusalemme: Lexie e Lara.
“I due libri di cui possiedo più copie di qualsiasi altro
sono propaganda, libri che parlano del mito di Israele e sono distribuiti
gratuitamente a tutti gli israeliani da una mezza dozzina di organizzazioni
ebraiche”. Ripetono gli utenti.
“Siamo cresciuti nei gruppi giovanili con l’obbligo di combattere
i sentimenti anti-israeliani nei vari campus nel mondo e che i media riferiscono
sui crimini falsi di Israele perché tutti odiano gli ebrei e Israele”. Messaggi
di questo tipo riempiono le bacheche dei ragazzi che stanno iniziando a
comprendere come la propaganda sionista abbia travisato la storia del passato.
Un altro utente afferma: “Cresci imparando che Israele è
buono, non impari la parola Palestina fino alla tarda adolescenza e non è
permessa nessuna discussione sulle ingiustizie compiute da Israele. Si impara
solo su Israele e l'idf. Si impara che le cose divertenti, belle e culturali
sono solo in Israele e da nessun altra parte del mondo che ci circonda”.
Il video continua: “Perché quando scopri dell’esistenza di tutte
queste ingiustizie compiute in nome della tua religione che ami tanto, è come
ricevere un fottuto pugno nello stomaco”.
Questi giovani stanno venendo alla ribalta in Israele e
negli Stati Uniti. Oltre a quei pochi che si sono opposti realmente al servizio
militare forzato che fa il lavaggio del cervello a tutti i giovani israeliani,
costringendoli a sparare, uccidere e odiare per sempre arabi, palestinesi e
musulmani, in modo che i sionisti possano per sempre alimentare la loro assurda
ideologia di morte, questi ragazzi iniziano a mettere in discussione la propria
élite governativa.
Anche personaggi più o meno in vista contribuiscono a questa
nuova tentata rivoluzione culturale, come il comico ebreo Michael Schirtzer di
Los Angeles, che delinea nelle sue battute come sia dannoso associare gli ebrei
allo stato di Israele.
Mentre un insegnante israeliano, sempre sui social network,
spiega come il termine Eretz Yisrael (la Terra Promessa), è un termine che ha
ormai “migliaia di anni”, ed è usato nella Torah per descrivere la terra “indipendentemente
da chi la governa” egli poi chiede: “La mia domanda per voi è: se credete nella
Torah, e se credete che Hashem (Dio) sia un Dio di giustizia, perché state promulgando
il colonialismo e l'apartheid?”
A conferma di questo nuovo risveglio, un sondaggio tra gli elettori ebrei statunitensi, condotto dopo l'ultima offensiva israeliana su Gaza, ha rilevato che un quarto degli intervistati concorda sul fatto che “Israele è uno stato di apartheid”, schierandosi sia con Human Rights Watch che con Amnesty International.
Forse sta arrivando il momento in cui i palestinesi e i sostenitori
della Palestina, smettano di guardare sulle sponde del Giordano e guardino a
questi giovani, che allaccino rapporti con loro, che inizino a parlare, riconoscendo
entrambi i propri errori, spogliandosi degli steccati del passato e unirsi per
arrivare a quel momento fatidico in cui un palestinese possa tornare a casa sua,
nella terra dei suoi genitori e cenare nelle serate d’estate con i suoi vicini
in nome dell’antico passato e di un futuro prossimo in simbiosi nella pace e
nell’accordo di due popoli uniti in unica terra, che non abbia divisioni politiche
anche se con una frontiera segnata solo su carta e non nel cuore delle persone.
È il mio
augurio ed è il mio impegno personale per la Palestina e Israele, per dare uno
schiaffo agli antisemiti e ai signori della divisione oggi al potere, ma solo
con persone come queste sopra descritte, che riconoscano i propri errori del
passato e accettino il futuro.
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