Nazionalismo
Il termine Nazionalismo rappresenta la dottrina
nata alla fine del XIX secolo, che sosteneva l’autodeterminazione e lo sviluppo
di una comunità, intesa come nazione. Questo portò a movimenti che sostenevano
l'uguaglianza tra le stesse e il principio di libertà verso l'ordine
costituito. Il cosi detto nazionalismo liberale o democratico.
In seguito, il bisogno che si ebbe da parte delle
elite nazionali, di affermare la propria "superiorità nazionale"
sulle altre, estremizzò il concetto di nazionalismo in quello che oggi noi
conosciamo.
Divenne l'esaltazione dello stato
nazionale, considerato come ente indispensabile per la
realizzazione delle aspirazioni sociali, economiche e culturali di un popolo,
il cui prestigio e gloria richiedono una posizione di predominio nel mondo. Le
classi della nazione, dai più ricchi, i dirigenti ai più poveri, operai e
contadini, trovarono nel nazionalismo un'unità collettiva che li faceva sentire
tutti legati alla stessa cultura e tradizione con le vittorie e i successi
ottenuti, i primi rafforzavano il loro potere sulle altre nazioni o culture, i
secondi percepivano questo, come migliore aspettativa per le loro vite.
La guerra divenne cosi l'arma più efficace a favore
del nazionalismo e della sua affermazione.
Queste affermazioni presero piede nelle nazioni che
vissero gli anni intorno ai primi del XIX secolo, come terre in disgrazia e in
umiliazione. Questi sentimenti fecero esplodere la voglia di riscatto e di
rivalsa sugli altri, come accadde alla Germania che aveva subito la sconfitta
umiliante di Napoleone. Questa nazione ebbe la teorizzazione e l'espressione
massima di nazionalismo nel mondo occidentale.
L'elite sconfitta guardava al passato della gloriosa
Prussia e nel popolo ne vedeva la vittoria, popolo come affermazione della
propria nazione: volk. Guardarono al passato per affermare il presente ed essi
presero riferimenti da storici romani che affermavano: "la vera purezza e
potenza è nei barbari alemanni che sono legati alla loro fiere
tradizioni"(Tacito), e ai segni recenti romantici delle composizioni
wagneriane, fecero si che l'idea di nazionalità sfociò nell'ideale del
nazionalismo, molto più pericoloso del primo. Da qui, infatti, viene fuori il
concetto di superiorità nazionale che si affianca a quello di "cultura
della razza".
Lo stesso accadde per l'Italia, dopo la sconfitta in Africa
contro l'Etiopia, e il ridimensionamento del sogno di un impero colonia, gli
intellettuali e i vari alti ufficiali dell'esercito iniziarono a non sopportare
più la nuova nazione nascente, pluralista e democratica. Cosi si formarono le
idee di nazione forte, unica e avente diritto a un ruolo predominate nel
colonialismo dei primi del XX secolo.
Le differenze con altri movimenti è che in Italia si
fece leva molto sulla classe operaia e sul sindacalismo rivoluzionario, contro il
socialismo e la democrazia ufficiale.
Nazionalismo che riuscì ad emergere sia intellettualmente
e sia politicamente riuscendo ad avere seggi nel parlamento italiano e spingere
l'Italia in guerra per liberarsi dell'egemonia austro ungarica ed avere più
importanza e rilievo in campo internazionale.
Da questi esempi si può intuire come
il nazionalismo non è la causa delle guerre mondiali, ma è il
principale strumento propagandistico, di cui gli stati si sono serviti per
trovare consensi all'intervento armato.
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